Ho sempre creduto che ascoltare sia una gran bella cosa.
Utile anche a chi racconta. Perché davanti a una persona che sa ascoltare, senza fretta di dimostrare quanto è intelligente proponendo soluzioni estemporanee, anche i problemi del cliente assumono una fisionomia diversa.
Poi viene la capacità di vedere le cose da un altro punto di vista. Un creativo dev’essere un po’ strabico.
Se guarda dove tutti guardano, che ci sta a fare?
Penso che la buona creatività discenda da un forte pensiero strategico.
Un insight credibile e ispirato è una base di partenza indispensabile.
Menare vanto del prodotto in maniera astratta, o non rilevante per il consumatore, serve a poco o nulla.
Sono convinto che i buoni posizionamenti vadano difesi, e mantenuti nel tempo. Con coerenza e tenacia.
Quando troppi consumatori, visto uno spot, alzano il sopracciglio e si chiedono:
“cosa voleva dire?” il problema non è loro. È dello spot.
La buona creatività si fa capire. Subito. È diretta, chiara, semplice.
Che non significa elementare, o piatta. Al contrario.
Tra banalità e involuzione c’è parecchio spazio di manovra.
Credo anche che la rigidità sia nemica dell’intelligenza. E le regole, comprese queste,
prima o poi è salutare infrangerle. Certo, non solo per il gusto di farlo.